FORMA
Un “lineare” nato
da una ricerca di design.

Lo studio di Pino Tovaglia sul carattere tipografico non può prescindere dalla lunga collaborazione, dal 1964 al 1974, con le fonderie Nebiolo. Tovaglia si occupa della pubblicità, impostazione delle riviste specializzate, propaganda dei prodotti e dello studio di nuovi caratteri.

Questo percorso in particolare si traduce nel decennio in una ricerca progettuale che ha inizio quando il comitato direttivo della tipografia decide di investire su un prodotto nuovo, da lanciare ed esportare anche sul mercato internazionale. Gli anni Sessanta sono anni difficili per la fonderia che si impegna a rimanere competitiva ma si sente scalzare dalle nuove tecniche di produzione che investono sulla leggerezza della fotocomposizione.

Partendo dalla pluridecennale esperienza di Aldo Novarese, dal 1952 direttore del laboratorio caratteri e disegnatore di tutti i “tipi” prodotti dalla fabbrica, la società opta per il cambiamento e la rottura. Pino Tovaglia assume l’incarico e decide per un lavoro di équipe. 

Con Franco Grignani, Giancarlo Iliprandi, Bruno Munari, Till Neuburg, Luigi Oriani, Ilio Negri e con Franco Etzi Coller (direttore commerciale Nebiolo) Aldo Novarese, Giancarlo Uberti, Franco Camera (Direttore Fonderia Nebiolo) inizia la nascita di FORMA.

Il primo incontro, di una lunga e cadenzata serie, avviene il 12 maggio 1965, i grafici da una parte e la Nebiolo dall’altra, mettono a fuoco il presupposto della ricerca: serve un carattere, un “tipo”, “moderno”, che sappia riflettere lo spirito di un’epoca e diventare elemento integrante della struttura filosofica sociale. Rompere con la tradizione per affrontare i nuovi problemi di estetica grafica, nel rispetto dei valori sensoriali e delle regole generali della percezione visiva, deve accadere soprattutto nel rispetto delle esigenze di chi lo progetta. 

L’équipe sceglie la base di partenza del progetto: si tratta dell’ultimo “lineare”, creato da Novarese, il Designer, un alfabeto latino, con piccole grazie e aste movimentate, a chiaroscuro appena accennato. Al carattere si applicherà tutto il processo della ricerca. Sul tavolo della creazione si succedono le proposte dei grafici e per ogni personale declinazione, si effettua l’analisi di ogni singola lettera, altezza, inclinazione delle aste, la larghezza dell’occhiello, la presenza di grazie, lo spessore e la pancia e il rapporto con l’asse verticale. 

Elaborata ogni singola lettera, il lavoro si concentra sul potenziale utilizzo del nuovo “tipo”, i grafici procedono con lo studio della composizione della pagina e il processo creativo giunge alla sua fase interamente dedicata alla leggibilità del carattere. 

Occorre testare il FORMA ma anche promuoverlo, come sostiene Bruno Munari. Ipotizza la collaborazione con quotidiani, settimanali, un lancio pubblicitario e anche una mostra del FORMA, per verificarle il suo impatto con il pubblico.

A questo scopo vengono coinvolti alcuni di specialisti della comunicazione visiva ma anche della lettura. L’apporto creativo della consulenza di critici, letterati, uomini di cultura, porta fino al 14 giugno 1967, data che battezza il FORMA.  

Alla sua presentazione ufficiale, nel marzo 1968, il riscontro diretto con il pubblico e con la critica non produce l’effetto sperato: il FORMA viene criticato, incontra problemi di leggibilità, eccesso di uniformità, risulta monotono e spersonalizzato. Queste problematiche vengono riprese nel dicembre del 1969 in occasione della Tavola Rotonda “L’evoluzione di una ricerca: il carattere Forma”, dove alla discussione si uniscono ancora editori, critici, e professionisti del settore grafico.  

Qui Nebiolo 10: il numero della rivista delle fonderie Nebiolo interamente dedicato a Forma e alla sua presentazione.

Propaganda Forma, pubblicità del gruppo Nebiolo

Intanto il FORMA qualche successo lo conquista: per la prima volta un carattere a stampa ottiene la segnalazione alla X edizione del premio “Compasso d’oro” e al “Gute Form 1970”. Non solo, le pagine pubblicitarie create col FORMA dimostrano la tangibilità della sua versatilità e universalità, caratteristiche tanto ricercate.

I problemi di leggibilità però rimangono e Pino Tovaglia orienta la ricerca verso criteri di ordine ottico e scientifico, prima che estetico e decide per un esame di dati scientifici.  Nel 1970 Tovaglia chiede l’intervento e la competenza di Alberto Munari, allora Preside della Facoltà di Statistica e Psicologia esperto nel campo della percezione visiva: il FORMA finisce in un laboratorio sperimentale e il suo grado di leggibilità, il tipo di carattere, la scrittura, e il tempo di percezione, vengono sottoposti a differenti gruppi di osservazione.

Munari presenta il suo rapporto sull’esperimento nel 1972 e l’interpretazione dei dati scientifici si traduce in nuove elaborazioni grafiche.

Il processo di creazione sembra non concretizzarsi e non mettere tutti d’accordo. Il primo a risentire delle complicazioni di questo lungo progetto è Aldo Novarese, che nel 1973 lascia il gruppo.

Nel 1974 si arriva a un nuovo Alfabeto FORMA.

Nuovo ma destinato a una vita molto breve, rifinito e mandato in produzione non riesce a sopravvivere alla crisi che porterà al fallimento della Nebiolo.

Il FORMA incontra la sua barriera fisica definitiva. Dall’acquisizione di Nebiolo da parte della Fiat ha inizio la chiusura della filiera produttiva dei caratteri in piombo, senza poter avviare i processi di conversione del design per la fotocomposizione, tecnologia che le fonderie non hanno mai acquisito. Il FORMA non poteva più essere utilizzato. Almeno per questo secolo.

Campagna per Olivetti, Franco Bassi, realizzata utilizzando il Forma, 1968.

Il destino
del FORMA

A pochi anni dalla chiusura della Nebiolo, Aldo Novarese invia alcune stampe del carattere Designer alla fonderia Haas di Basilea. La società ne rimane interessata e, nell’acquisizione dei diritti di riproduzione e vendita, ottiene anche le matrici del FORMA che però non viene messo in produzione.

Nel 1984 la Haas viene comprata in blocco, diritti di riproduzione fotografica compresa, dalla Internationl Typeface Corporation che decide di convertire i caratteri più convincenti per la fotocomposizione quindi pochi anni dopo in font digitali.

La versione digitale di FORMA viene realizzata finalmente nel 2013 grazie allo studio filologico commissionato da Roger Black al type designer americano David Jonathan Ross.

 

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