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1960 121 carabinieri

IMAGO 1 maggio 1960. Direttore responsabile Raffaele Bassoli, Art Director Michele Provinciali.

Pino Tovaglia: 121 carabinieri

Pino Tovaglia/ Raffaello Baldini. Manifesto piegato in otto parti.

 

Carabinieri su sei file, in alta uniforme, lucerna con pennacchio, giacca blu, pantaloni blu con bande rosse. Ieri erano alla stazione centrale, passeggiavano a due a due sul piazzale dei binari; o a San Siro, sempre due a due, e sentivano da fuori gli urli della folla alla partita; o in Galleria, o sotto il portico della Scala, con l’ampio mantello blu, o a cavallo davanti a una grande automobile nera su cui sorrideva un distinto signore dai capelli bianchi. Ora sono tutti qui, consegnati su un grande foglio di carta uso mano. E tutti sull’attenti. Il generale che li passerà in rassegna ha il volto pallido e gli occhi chiari, porta un berretto a visiera di tessuto scozzese, la giacca grigia e una cravatta scelta con cura. Si chiama Pino Tovaglia. È un uomo d’ordine (chi è stato nel suo studio lo sa bene). Pino Tovaglia dice: “Forse uno di questi carabinieri è quello che ha arrestato il brigante Musolino. Dev’essere il settimo in terza fila. Forse c’è anche quello che ha fermato il cavallo imbizzarrito in piazza del Duomo, a Novara, e che poi è venuto fuori sulla “Domenica del Corriere”. Che sia l’ultimo in quinta fila? Può essere, ma non ne sono sicuro”. Pino Tovaglia dice anche: “Ho voluto imbarcarli su una specie di arca di Noè, per salvare l’ordine e la moralità”. Non siamo d’accordo con lui. Noè avrebbe preso con sé un solo carabiniere. E non è detto che avrebbe scelto proprio quello che aveva fermato il cavallo imbizzarrito. Perché Tovaglia li ha presi tutti?

C’è il lui qualcosa di più che il desiderio di conservare intatto, di restituire a se stesso, il mondo dell’infanzia (un’infanzia che dura da trent’anni: a Torino, nell’atrio della stazione umbertina, due carabinieri lo incuriosiscono più della squadra di calcio che parte in trasferta, dell’attrice che concede autografi, dell’uomo politico la cui faccia è sempre sui giornali). Questo sentimento è un’occasione per disegnare sul grande foglio il primo carabiniere della prima fila. 

Ma poi il discorso cambia. Sulla carta lo spazio diventa un magico segnatempo. E il tempo si scandisce, pennacchio dopo pennacchio, bandoliera dopo bandoliera, in una iterazione paziente e felice come una filastrocca. È un tempo che cammina per immagini, attraverso le variazioni minime di ciascuna immagine e l’ordine rigoroso che ne determina la sequenza. E se ne ha la stessa sensazione che a guardare, fotogramma dopo fotogramma, uno spezzone di pellicola, con l’omino che sposta il braccio nello spazio, e quel braccio diventa la lancetta di un invisibile orologio. 

O c’è in questi carabinieri di Tovaglia un piacere più sottile? Nella sua scoperta intenzione bidimensionale, nella sua “ingenuità”, nel gusto della ripetizione, non si potrebbe forse indovinare un’aria bizantina, l’aria di certi lunghi cortei in cui il tempo è consumato in una galleria di figure immobili, e tuttavia si ritrova nel puro ritmo dello spazio?

Di Raffello Baldini

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